sabato 18 dicembre 2021

Il Congresso di Venezia e la Lega Siculo-Veneta: Gossip e retroscena

La battaglia di Legnano, tanto celebrata dal partito della Lega, fu combattuta il 29 maggio del 1176 tra le truppe dell’Imperatore del Sacro Romano Impero Federico Barbarossa e quelle della Lega Lombarda. L’eroica difesa del Carroccio da parte degli italiani e il successivo contrattacco portarono alla disfatta dell’Imperatore. Il Congresso tenutosi poi a Venezia decise una tregua di 6 anni. Pochi sanno però quali furono i retroscena che portarono alla battaglia e il contributo che il Regno di Sicilia e quindi i Siciliani apportarono alla vittoria dei comuni del nord Italia e al successivo trattato di pace.

Gli antefatti sono i seguenti: La Lega Lombarda aveva due anime, una lombarda appunto e una veneta. I Veneziani negli anni precedenti alla battaglia si trovarono in grave difficoltà, pressati dall’Impero Bizantino da un lato e dal Sacro Romano Impero dall’altro. Si rivolsero quindi al potente Regno di Sicilia allora retto da un ottimo sovrano, re Guglielmo II detto il Buono. A quell’epoca il Regno di Sicilia era florido, aveva un temibile esercito e una potente flotta forte di 200 vascelli.

L’Imperatore Bizantino Manuele I Comneno era adirato con i Veneziani perché questi non volevano pagare i tributi per i diritti commerciali concessigli nell’area dell’Impero, aveva quindi sequestrato le ricchezze e le merci dei loro mercanti, li aveva cacciati da Costantinopoli e conquistate le città venete della Dalmazia dove i Veneziani avevano importanti empori commerciali.

I Veneziani allora chiesero aiuto al Re Guglielmo II inviando ambasciatori per sottoscrivere la nascita della ventennale Lega Siculo-Veneta nel 1175. Il Regno di Sicilia entrava nella Lega Lombarda e con questa alleanza Venezia ebbe la protezione delle navi da guerra siciliane, rafforzò i privilegi mercantili nel fiorente Regno di Sicilia e ottenne cospicui aiuti in denaro che divise a Pontida con i Lombardi della Lega Lombarda.

L’imperatore Bizantino per evitare una guerra con il potente Regno di Sicilia venne a patti con Venezia e i Siciliani. Risolto il problema orientale si arrivò allo scontro con il Barbarossa che era sceso in Italia per ridurre i comuni del nord sotto il suo controllo. Seguì la battaglia di Legnano e, dopo la vittoria italiana, nel maggio del 1177 si arrivò al Congresso di Venezia. Fu il più importante congresso del Medioevo e durò da maggio a luglio, vi parteciparono l’Imperatore, i Siciliani, i rappresentanti della Lega e dei comuni, il papa Alessandro III che giunse a bordo della flotta siciliana, e anche gli ambasciatori di Francia e Inghilterra come osservatori.

Dopo la minaccia di abbandonare le trattative da parte dei Siciliani e un tumulto del popolo veneziano a favore di questi ultimi, l’Imperatore Federico Barbarossa si vide costretto a scendere a miti consigli e a firmare una pace della durata di 6 anni con la Lega Lombarda e stipulò una tregua di 15 anni con il Regno di Sicilia. La Sicilia quindi non solo aiutò Venezia e la protesse ma sovvenzionò i comuni della Lega Lombarda e patrocinò, come garante, la firma del trattato di pace, un ruolo senza dubbio da superpotenza mediterranea.

Per concludere una nota di gossip: fu proprio durante questi fitti colloqui diplomatici che si imbastirono le trattative per il futuro matrimonio del figlio dell’Imperatore, Enrico VI con Costanza d’Altavilla, zia ed erede designata del Re di Sicilia Guglielmo II. Il matrimonio sarà celebrato non a caso proprio a Milano il 27 gennaio del 1186 e da questa unione nascerà lo stupor mundi Federico II, Re di Sicilia, duca di Svevia, Re dei Romani, Imperatore del Sacro Romano Impero e Re di Gerusalemme.

Foto - Spinello Aretino: Federico Barbarossa si sottomette all'autorità di Papa Alessandro III

mercoledì 1 dicembre 2021

Quando l’Italia poetava in siciliano, la Scuola poetica siciliana

Nei primi tre quarti del 13° secolo fiorì in Sicilia quella che è passata alla storia come la Scuola poetica siciliana. Essa fu il primo movimento italiano letterario che creò una vasta produzione lirica in volgare, i poeti si raccolsero alla corte di un sovrano illuminato, l’imperatore e re di Sicilia Federico II di Hohenstaufen e dei suoi figli Enzo e Manfredi. Un mecenatismo che si integrava in un più ampio e ambizioso progetto politico-culturale e che precorse quello dei principi rinascimentali.

Questi poeti appartenenti in gran parte alla cancelleria reale, come notai e giudici, erano soprattutto siciliani ma provenivano anche dall’Italia meridionale che allora faceva parte tutta del regno di Sicilia e da altre regioni d’Italia. Essi sposarono una poetica comune, che riprendeva la tradizione lirica provenzale che trattava l’amore cortese, utilizzando però, prima volta in Italia, come strumento letterario il proprio volgare siciliano, arricchito da francesismi e latinismi colti. Tale tendenza verso un comune ideale linguistico costituì un unicum nel panorama nazionale tale da rivestire una notevole importanza storico-letteraria. Venivano usate tre tipologie metrico-linguistiche, la canzone, la più aulica, la canzonetta e il sonetto, forma metrica inventata proprio dai siciliani e tanto seguita nei secoli successivi in tutta Europa, vedi il Petrarca e Shakespeare.
Nella Scuola possiamo quindi rintracciare la prima nascita della tradizione lirica italiana a cui si rifecero nei decenni successivi i poeti toscani che ereditarono la tradizione siciliana. I componimenti della Scuola diverranno famosi in tutta la penisola, poetare significava scrivere in siciliano aulico. Tra i suoi massimi esponenti ricordiamo Iacopo da Lentini inventore come dicevamo del sonetto, da Dante chiamato nel suo Purgatorio e da tutti conosciuto come il “notaro”. Altri poeti furono lo stesso Federico II, il figlio Enzo, suo suocero il re di Gerusalemme Giovanni di Brienne, poi Stefano Protonotaro, Giacomino Pugliese, Rugieri d’Amici, Guido delle Colonne, Mazzeo di Ricco, Pietro della Vigna, Rinaldo d’Aquino, Perzivalle Doria, Tiberio Galliziani, Compagnetto da Prato, solo per citarne alcuni.
Vediamo cosa dice Dante nel suo De vulgari eloquenzia: ‘E per prima cosa facciamo un esame mentale a proposito del siciliano, poiché vediamo che il volgare siciliano si attribuisce fama superiore a tutti gli altri per queste ragioni: che tutto quanto gli Italiani producono in fatto di poesia si chiama siciliano; e che troviamo che molti maestri nativi dell’isola hanno cantato con solennità, per esempio nelle famose canzoni “Ancor che l’aigua per lo foco lassi e Amor, che lungiamente m’hai menato”.
Ma questa fama della terra di Trinacria, a guardar bene a che bersaglio tende, sembra persistere solo come motivo d’infamia per i principi italiani, i quali seguono le vie della superbia vivendo non da magnanimi ma da gente di bassa lega. E in verità quegli uomini grandi e illuminati, Federico Cesare e il suo degno figlio Manfredi, seppero esprimere tutta la nobiltà e dirittura del loro spirito, e finché la fortuna lo permise si comportarono da veri uomini, sdegnando di vivere da bestie.
Ed è per questo che quanti avevano in sé nobiltà di cuore e ricchezza di doni divini si sforzarono di rimanere a contatto con la maestà di quei grandi principi, cosicché tutto ciò che a quel tempo producevano gli Italiani più nobili d’animo vedeva dapprima la luce nella reggia di quei sovrani così insigni; e poiché sede del trono regale era la Sicilia, ne è venuto che tutto quanto i nostri predecessori hanno prodotto in volgare si chiama siciliano: ciò che anche noi teniamo per fermo, e che i nostri posteri non potranno mutare’; trad. di P.V. Mengaldo.
Un primato letterario che dovrebbe, dunque, inorgoglire chi è siciliano.

Quando la Sicilia sfidava Bisanzio

Forse non in molti sanno che durante il Medioevo, la terra di Sicilia era ben diversa da com’è ora. Il Regno di Sicilia istituito da Ruggero...